La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4131/25, ha fornito un chiarimento di grande rilievo in tema di co-titolari di brevetti: un singolo titolare non può sfruttare in modo esclusivo l’invenzione comune senza il consenso degli altri co-proprietari.
Una decisione che interessa da vicino imprese, start-up e centri di ricerca che sviluppano innovazioni in partnership, spesso condividendo la titolarità di un’invenzione o di una domanda di brevetto.
La questione: il brevetto in comunione
Il caso riguardava un’invenzione registrata a nome di più soggetti. Uno di essi aveva iniziato a produrre e commercializzare il prodotto brevettato, senza accordo formale con gli altri co-titolari.
Gli altri inventori avevano agito in giudizio, contestando la violazione dei diritti connessi alla co-proprietà del brevetto.
La Cassazione, confermando la sentenza d’appello, ha affermato che il brevetto in comunione segue le regole del diritto civile sulla comunione ordinaria (art. 1100 c.c.), salvo diverso accordo tra le parti. Ciò significa che nessun co-titolare può sfruttare da solo l’invenzione o concedere licenze a terzi senza il consenso unanime degli altri.
Il principio affermato dalla Cassazione
«In mancanza di un diverso accordo tra i co-titolari, lo sfruttamento individuale del brevetto costituisce violazione dei diritti altrui e genera responsabilità risarcitoria.»
Un principio che, pur derivando dal codice civile, assume una portata decisiva nella prassi industriale e scientifica: la co-titolarità, se non regolata da patti chiari, può diventare fonte di conflitti, blocchi produttivi e perdita di valore economico dell’invenzione.
Perché la sentenza è importante per le imprese e i ricercatori
Questa pronuncia invita le imprese a prevenire il contenzioso attraverso una contrattualizzazione puntuale dei rapporti di collaborazione e co-proprietà.
È infatti frequente che brevetti nati da progetti di ricerca congiunta, università o spin-off vedano coinvolti più soggetti — con aspettative e interessi diversi.
Senza un accordo specifico su sfruttamento, licenze, royalties e cessione delle quote, la gestione del titolo può diventare complessa e rischiosa.
Per questo è importante:
- la redazione e negoziazione di accordi di co-titolarità e licenza brevettuale;
- la definizione delle strategie di sfruttamento economico di invenzioni condivise;
- la tutela giudiziale nei casi di violazione dei diritti tra co-titolari o contraffazione.
Conclusione
La sentenza n. 4131/2025 della Cassazione rappresenta un monito chiaro: la gestione condivisa dei brevetti richiede regole precise, trasparenza e consulenza legale specializzata.