Riprendiamo una nota già pubblicata qualche anno fa su Dirittosuweb.com molto interessante e di sicuro interesse.

Capita di frequente che gli “artisti” (cantanti, scrittori, pittori, ecc.) utilizzino nomi d’arte o pseudonimi con cui vengono identificati e riconosciuti dal pubblico. Il nostro ordinamento tutela il titolare del nome, cui è equiparato lo pseudonimo, contro l’indebito ed illegittimo uso dello stesso da parte di terzi (ar.7 e 8 c.c.), protezione che diviene ancora più forte e pregnante allorquando lo pseudonimo viene registrato come marchio, in quanto alla censura di qualsivoglia pregiudizio si aggiunge la tutela in materia di proprietà industriale che vieta ogni possibile confusione tra segni.

Nel caso esaminato dal Tribunale delle Imprese di Napoli, l’attore, difeso dal nostro Studio, era un affermato pittore, ben noto sin dagli anni 80’ con il nome d’arte “Andrea Patrisi” con cui firmava tutti i propri dipinti, esposti nelle più prestigiose gallerie d’arte e presenti su diversi portali internet specializzati e riviste di settore. L’attore, da sempre, utilizzava lo pseudonimo “Andrea Patrisi” nella medesima forma grafica provvedendo, poi nell’anno 2007, al relativo deposito quale marchio figurativo.

La notorietà dello pseudonimo/marchio registrato “Andrea Patrisi” aveva portato con il tempo al proliferare di imitatori sicchè l’istante era stato costretto ad adire il Tribunale delle Imprese per far cessare l’illecita utilizzazione/registrazione da parte di terzi di pseudonimi identici/simili al proprio per contraddistinguere opere simili alle sue.

In particolare l’attore denunciava l’illecita circolazione di dipinti a firma di un tal “Antonio Patrisi” e di un tal “Andrea Patrisini”, rispettivamente padre e figlio, che utilizzavano pseudonimi e firme praticamente uguali al più famoso “Andrea Patrisi”, per riprodurre opere nei tratti e nei paesaggi simili a quelle dell’istante. Inoltre, l’attore eccepiva che, nonostante le sue numerose diffide, lo pseudonimo “Antonio Patrisi”, era stato registrato come marchio figurativo nell’anno 2014 e che nel contempo, come se non bastasse, erano stati registrati anche i nomi a dominio www.antonio-patrisi.it e www.andrea-patrisini.it e che, quest’ultimo, privo di qualsiasi contenuto, rimandava al sito di “Antonio Patrisi” al sol fine di essere “indicizzato” dai motori di ricerca accanto al sito di “Andrea Patrisi” e http://www.antonio-patrisiportare quanti più compratori possibili al sito del padre.

Alla luce di ciò appariva evidente che il padre ed il figlio avessero posto in essere una condotta illecita di cui l’attore chiedeva la cessazione e che la stessa fosse il frutto di un disegno finalizzato all’appropriazione in modo parassitario del nome, della firma e del marchio del più noto “Andrea Patrisi”.

Le Sezioni Specializzate del Tribunale di Napoli, in accoglimento delle domande di parte attrice, dichiaravano la nullità del marchio figurativo “Antonio Patrisi” per carenza di “novità” ed evidente “malafede” ed inibivano l’utilizzo dei segni “Antonio Patrisi” ed “Andrea Patrisini” in qualsiasi forma e modo.

Il caso esaminato offre lo spunto per soffermarci su diversi istituti della proprietà industriale ed in particolare sui requisiti che un segno distintivo deve possedere per essere registrato come marchio.

Nella fattispecie, il Tribunale metteva a confronto lo pseudonimo- marchio “Andrea Patrisi” registrato nel 2007 con lo pseudonimo- marchio “Antonio Patrisi” registrato successivamente nell’anno 2014, dichiarando la nullità del secondo marchio per essere privo del requisito della novità e registrato con evidente mala fede nella piena consapevolezza dell’esistenza e della maggiore notorietà del marchio “Andrea Patrisi”, pseudonimo utilizzato sin dagli anni 80.

Il codice della Proprietà industriale all’art. 12 lett.d) vieta espressamente il deposito di segni “identici o simili ad un marchio già da altri registrato …se a causa della identità o affinità tra i prodotti o servizi possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico” disponendo altresì al successivo art.25 che il marchio è nullo “se sussista uno degli impedimenti previsti dall’art.12” (mancanza di novità)  e “se è in contrasto con il disposto… dell’art.19, comma 2”, ossia qualora sia depositato in malafede.

Sulla base delle medesime argomentazioni il Tribunale inibiva anche l’utilizzo del segno distintivo “Andrea Patrisini”, praticamente identico allo pseudonimo- marchio registrato “Andrea Patrisi”. L’art. 20 c.p.i. lett.b) conferisce, infatti, al titolare di un marchio registrato il diritto di vietare a terzi di usare nell’attività economica un segno “identico o simile al marchio registrato, per prodotti o servizi identici o affini, se a causa della identità o somiglianza tra segni e della identità o affinità tra i prodotti o servizi possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico…”, rilevando inoltre il Tribunale che la registrazione del nome a dominio “andrea –patrisini.it”, finalizzata alla mera indicizzazione accanto al sito di Andrea Patrisi, aveva contribuito in maniera ancora più forte a determinare tutte le condizioni di confondibilità tra i suddetti segni.

Appariva, infine, evidente al Tribunale delle Imprese che la condotta posta in essere da “Antonio Patrisi” (padre) e “Andrea Patrisini” (figlio), in combine tra loro, sostanziandosi in una sistematica e continua imitazione della attività professionale, equiparata in tutto e per tutto ad attitività d’impresa, dell’artista “Andrea Patrisi”  che va dalla riproduzione delle opere, all’utilizzo dello pseudonimo e della firma praticamente identica, configurasse una ipotesi di “concorrenza sleale parassitaria” essendo palese la volontà di agganciarsi al più famoso “Andrea Patrisi” collocandosi in modo continuativo sulla scia dallo stesso tracciata, così approfittando dei benefici e della notorietà da lui conseguita.

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